Un tesoro sepolto alla Spezia: gli Atti della ‘Pace di Dante’
Nel 1965, in Lunigiana, le celebrazioni dantesche del VII centenario della nascita di Dante Alighieri portarono all’attenzione generale la presenza di un vero tesoro custodito dalla Città della Spezia: gli Atti della Pace di Castelnuovo.
Si tratta di sei fogli pergamenacei che costituiscono i protocolli originali del notaio Ser Giovanni di Parente di Stupio che rogitò lo storico accordo concluso tra i Malaspina ghibellini dello Spino Secco, rappresentati personalmente dal Sommo Poeta, e il vescovo-conte di Luni, Antonio Nuvolone da Camilla.
È storicamente certo che la mattina del 6 ottobre 1306 Dante si trovava in Piazza della Calcandola in Sarzana (l’attuale Piazza Matteotti), prima dell’ora della Santa Messa, per ricevere da Franceschino Malaspina, marchese di Mulazzo, una procura generale per trattare la pace con il vescovo-conte di Luni. È storicamente certo che entro la mattina di quello stesso giorno, in compagnia di testimoni, giureconsulti e del medesimo notaro, Dante saliva al Palazzo dei Vescovi, in Castelnuovo Magra, e raggiungeva la storica intesa.
Tre indicazioni (il giorno e i due luoghi) inconfutabili che rivestono un’importanza fondamentale: quei documenti costituiscono infatti nella biografia di Dante Alighieri l’unica testimonianza certa della sua presenza di tutto il lungo arco dell’esilio. Ciò significa che a parte Firenze dov’è nato e Ravenna dov’è morto, nessun altro luogo è in grado di vantare l’orma storica di Dante. Una enormità.
Un Tesoro sepolto alla Spezia: Gli Atti della ‘Pace di Dante’
La scoperta dei preziosissimi documenti avvenne per puro caso nei depositi sarzanesi: «Rimasti ignorati per oltre quattro secoli e mezzo fra la polvere e i tarli dell’archivio circondariale di Sarzana, essi vennero riportati alla luce nel 1765, nel quinto centenario della nascita del Poeta, ma senza che la loro scoperta avesse nulla a che fare con questo particolare avvenimento. L’ultimo marchese di Terrarossa, Manfredi Malaspina del ramo fiorito di Filattiera, volendo rivendicare certi suoi diritti sul feudo bagnonese di Treschietto, aveva fatto eseguire accurate indagini in tutti gli archivi della zona; e così, per caso, come dice lo Sforza, “si imbatté in quei due atti, degno commento ai versi che la riconoscenza di Dante consacrò alla gloria dei Ma- laspina”» (L. Galanti, Il soggiorno di Dante in Lunigiana, 1985).
Le carte sfuggirono miracolosamente alla distruzione nel corso dell’ultimo conflitto mondiale: pare che l’Archivio di Sarzana sia andato quasi completamente distrutto da un incendio, ma si racconta che gli Atti della Pace di Dante erano stati in precedenza affidati alla parrocchia di Falcinello, custoditi in una cassetta di cipresso, onde preservarli dai possibili bombardamenti degli “alleati”. Nell’immediato dopoguerra, istituito l’Archivio Notarile Distrettuale della Spezia, i documenti furono donati dalla curia lunense al Capoluogo onde garantirne una custodia più consona. Nel dicembre del 2004 le preziose carte sono state infine affidate alla competente custodia dell’Archivio di Stato della Spezia.

Un Tesoro sepolto alla Spezia: Gli Atti della ‘Pace di Dante’
Già da tempo, però, quelle carte non erano più intatte. Si crede a tutt’oggi che, volendo cercare una firma originale di Dante, qualcuno abbia fatto «uso di reagenti chimici, per richiamare alla luce i supposti sbiaditi caratteri» (A. Bassermann, Orme di Dante in Italia, 1902). In realtà, non era uso in quel tempo apporre la firma in calce ai documenti: è nello stesso trattato di pace che si fa esplicito riferimento al bacio con cui il vescovo e Dante, davanti al notaio e ai testimoni citati, suggellavano l’accordo raggiunto: «In signum verae et perpetuae pacis Dominus Venerabilis pater Dominus Episcopus et Dante praedictus sese ad invicem osculantur».
Le pagine pergamenacee sono state tutte sottoposte nel 2004 ad un accurato intervento di conservazione e poi ad una innovatissima tecnica ottica che ha permesso di porre in evidenza l’antico testo anche in molte parti supposte irrimediabilmente perdute, ma non hanno restituito segreti particolari rispetto al testo trascritto nel 1769, per cura dell’avvocato Miglio- ratto Maccioni, nel Codex diplomaticus familiae Marchionum Malaspinarum, quando i fogli versavano ancora in condizioni sufficienti.

Un Tesoro sepolto alla Spezia: Gli Atti della ‘Pace di Dante’
Oggi noi diciamo in modo forte e chiaro che se si vuole davvero parlare seriamente di Turismo non si può che partire dalle nostre migliori referenze e anche alla Spezia l’Orma di Dante costituisce di tale materia un’espressione invero più unica che rara. Si comprende, allora, come sia assolutamente necessario che gli Atti della “Pace di Dante” escano finalmente dall’armadio blindato in cui da sempre sono confinati per essere esposti all’ammirazione di tutto l’ampio mondo del turismo culturale nazionale ed europeo, croceristi compresi.
Il Centro Lunigianese di Studi Danteschi lo ha già proposto più volte: il luogo più adatto, già perfettamente strutturato allo scopo, è il Museo ‘Amedeo Lia’. La formula che può essere usata per il passaggio dei documenti dall’Archivio di Stato al maggiore dei musei spezzini è quella del comodato d’uso.
La Città intera lo esige: dopo l’intitolazione agli spezzini studiosi di Dante del piazzaletto prospiciente l’ingresso del Museo Lia (Largo dei dantisti spezzini, una proposta del Centro Lunigianese di Studi Danteschi prontamente accolta dall’Assessore al Turismo con delega alla Toponomastica, dott. Maria Grazia Frija), ora il Sindaco della città e il direttore dell’Archivio di Stato sono chiamati a fare la loro parte.
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