Levante Ligure, gli antichi sapori ritrovati

Sara Fornesi
Mi chiamo Sara, ho 34 anni e vivo in Lunigiana, terra incastonata tra tre regioni: Emilia Romagna, Liguria e Toscana. Creativa da sempre, sono laureata in Interior Design, la mia carriera lavorativa, però, mi ha portata verso la grafica editoriale e pubblicitaria.
6 Ott, 2023
Levante Ligure, gli antichi sapori ritrovati
Nelle prolifiche valli del Levante Ligure esistono, simili alle antiche fattorie a conduzione famigliare, molte produzioni locali aggrappate caparbiamente su un territorio che, definire tascabile, e dunque a portata di mano, eppure aspro, impervio, sembra poco.
Questo territorio che fiancheggia un ambiente costiero dove soffia forte il vento, e il mare lambisce le frangiate grotte di arenaria, cresce evoluto in altezza, e con lui, beandosi del maestrale, l’intera filiera.
Le produzioni in questione vengono gestite infondendoci passione, e sono seguite da persone che, con cortesia d’altri tempi, ti possono raccontare tutto, sull’azienda, fattoria didattica, o frantoio in cui impiegano una parte consistente della loro vita.
Dentro i trittici paesaggistici a noi noti, collina, un cielo azzurro e mare blu cobalto a seguire, coinvolti nella pratica che è l’orticoltura, in Liguria, la natura e lo zampino dell’uomo hanno, sembra, quasi giurato di prendersi cura del pomodoro, meglio quando “cuore di bue“, del carciofo, che cresce spontaneo come l‘asparago, dei cavoli, degli spinaci e delle zucchine, i quali, soprattutto gli ultimi, rappresentano le eccellenze per la stagione invernale.
Nelle zone più interne si afferma, parimenti, la produzione di patate assai caratteristiche, colte secondo tradizione ed in gran numero dentro quella suggestiva dolina fra Levanto e Pignone. Vale la pena, pronti ad attendere il freddo, puntare qualche bancarella agli abituali mercati ortofrutticoli che ogni borgo, almeno una volta mese, attende, e cercare la melanzanina genovese, ad occhio tondeggiante e di dimensione misurate.
Levante Ligure gli antichi sapori ritrovati: quali sono?
Ma la Liguria, e parliamo del lungo tratto del Levante Ligure, ci era e ci è cara per via di commerci lunghi un sogno, già precursori dello stanziamento di merci, sementi e confetture, di alici sotto sale e di ghiotti sformati e torte salate; si stoccava – e da lì il termine – lo stoccafisso nel mentre che le golette salpavano e attraccavano lungo gli approdi della Via della Seta, odori ed ortaggi, per l’arco di un anno completo, venivano e vengono mescolati a formaggi e uova, sino ad adempiere allo scopo ultimo di impasto, perché, di nuovo oggi come allora, la goliardia sui liguri alla lettera si spreca: lo avevamo sentito, adesso semplicemente ripetiamo, nulla si crea, nulla si distrugge, il Ligure lo cucina.
Realtà del genere, ancorate ai fasti e ai sapori del passato, se ne contano numerose. Viaggi dalla Val di Vara al Tigullio, dalle Cinque Terre alle Valli del Levante Genovese, e ti imbatti in paesi con superfici coltivate a vite, ulivo e alberi di limone alti una o due querce. Ininterrotta la simmetria venutasi a creare, gioco di luci tra il sole e i chicchi, turgidi, delle uve Vermentino.
Dal Lericino alla Val Graveglia, il chilometro zero detta legge. Scorte le baie di Levante, sul bordo ultimo della costa ligure, a ridosso di un mare indimenticabile, milioni di giardini profumatissimi (chiamarli orti, insomma, è riduttivo), creano un prodotto interno lordo utile, ormai secondo decenni di riscontri, come base per il sostentamento contadino.
A proposito dei frutti che possiamo aspettarci, siamo ancora in tempo, passeggiando nei dintorni, per imbatterci in vecchie e sagge signore intente a raccogliere… non semplice cicoria, ma la buona e sana Radice di Chiavari, sorta di scorzonera con un ́estremità appuntita ed una forma più o meno conica, dal sapore amaro e di color giallognolo, panacea ma anche ottima nelle insalate. Hanno un posto fisso nel menù tradizionale natalizio, quando si mangiano bollite, condite appena da una presa di sale.
Patata, cipolle e fagioli – questi in particolare vanno conservati e venduti secchi –, vanno a Levanto e Cinque Terre; se pensiamo al tubero, diventa caro alla ricetta del “pan di patate”, che vede l’aggiunta delle medesime per renderlo più saporito del comune pane da tavola.
I castagneti, messi a coprire il 30% del territorio boschivo ligure, quando crescono della tipologia da frutto – si attraversino le statali tra la Val D’Aveto e la Val Graveglia per accertarsene, Val Bormida istituzione pluriennale nella Riviera, invece, di Ponente – nonni e massaie li ricordano in veste di primitivo “albero del pane” che ha sfamato generazioni. Orgoglio locale, tra le migliori farine di casta- gne d’Italia, per la cronaca, una viene da Carro, in Alta Val di Vara. Nome a caso, la pasciuta cipolla di Pignona, estratta con pazienza in una frazione del comune di Sesta Godano, nell’Alta Val di Vara, che per ora si semina solamente – poiché la raccolgono in estate, ma i più avveduti ne conservano i germogli e, tagliato a fette, la servono al forno senza passare dal via Fronzute le teste di cavoli e biete, con l’arrivo dei primi freddi non c’è niente di meglio di un piattone di polenta da abbinarci – e la bieta, ça va sans dire, a Lerici fa coppia fissa con le seppie.
Levante Ligure gli antichi sapori ritrovati: il broccolo lavagnino
Senza eguali, il cavolo broccolo lavagnino è caratteristico del territorio per le sue dimensioni contenute e il cappuccio di forma allungata.
Il basilico, non ce lo siamo dimenticati, merita attenzioni speciali: definito genovese, la certificazione gli viene attribuita giacché alimento le cui caratteristiche qualitative sono dovute essenzialmente alle peculiarità di uno specifico territorio.
La coltivazione che ne consegue, stante il riconoscimento, risulta una delle attività più significative, in campo orticolo, intrapresa dalla regione Liguria. Vanto e punto d’onore, ha ottenuto la DOP e un apposito disciplinare.
Dunque, cosa resta di una terra stretta, montagnosa, e a prima vista arcigna, ma che, tuttavia, mantiene un proprio valore economico altissimo, capace di far convivere erbe ed essenze di campo, coltivazioni biologiche salvaguardate dall’abuso di pesticidi, all’ospite e al visitatore mai paga di lasciare la moneta di una colazione o di un pasto abbondante e genuino con antichi sapori ritrovati, men- tre, umile, lui gli affida sensi e stomaco?
Il rispetto. Il quale, di rimando, bisogna usarle.

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