La tavola delle Feste nel Levante Ligure


Erika Giorgetti
23 Nov, 2022
La tavola delle Feste nel Levante Ligure
Nella nostra bella Liguria di Levante, nonostante la ricca varietà di piatti in grado di allietare il palato durante l’arco estivo, proposte e ricette tipicamente autunnali, o direttamente legate al pungente aroma di legna del Natale più bucolico, non mancano. Si tratta, comunque, sempre di una cucina prevalentemente povera, semplice ed essenziale, dove gli abbinamenti di terra-mare la fanno da padroni. Ricette e sapienza antica sono materia da tramandare per nonne e marinai ancora capaci di stupire, ed in grado di irretire i palati di grandi così come di piccini.
Bene può essere sapere che il nostro territorio ha una lunghissima tradizione legata alla pasta, e volendo cavillare, diciamo pure fresca: tirata a mano e raffinata per mezzo di quella splendida macchinetta a manovella tanto comune, un tempo, nelle case delle massaie. Possiamo trovare formati oggi dimenticati, altrove, e allo stesso tempo altri noti in tutta Italia, concentrati in quel minuscolo spazio vitale della Regione.
Sfoglie per lasagne e mandilli, testaroli tagliati a losanghe, serviti con sua maestà il pesto tritato nel mortaio, altrettanto e forse più fresco della stessa materia prima, le chicche fatte di una amalgama speciale, sbattuta con tantissime uova, chiamate corzetti, le piccagge, i bricchetti ideali per minestre di verdure o pesce, la pasta con patate, fagiolini e pesto che vede nelle trenette le massime protagoniste, i pansotti, sorta di mezzelune dal morbido ed inconfondibile ripieno di magro ed erbette, con la salsa di noci, e le tagliatelle, al sugo di cinghiale e magari anche poco sbollentate, e subito dietro perché non dare spazio pure ai fidelini, la versione “thin” dei tagliolini sfruttabili in brodo di cappone, e niente si tolga ai ravioletti, costante sarà la presenza del magro, impiegati nel medesimo impiattamento, garantiscono una sovrabbondanza di momenti di condivisione.

Il cappone che ha finito per insaporire il brodo, andrà consumato poi aromatizzato con mostarda o con salsa di noci, lesso finché non si scioglie. Una delle ricette tradizionali della cucina ligure e consigliatissima da eseguire (perché, quasi legandosi ad uno spartito, altro verbo non c’è, la si può solo eseguire), è la cima alla genovese. In origine piatto di recupero, oggi, sotto le feste, trionfa in qualità di pietanza ricercata e sempre più rara da trovare, se fatta alla vecchia maniera, ovverosia preparata con la pancia di vitello ripiena.
La tasca golosa nasce assieme a massari e contadini, i quali, per non sprecare nulla della macellazione, ne facevano una sorta di arrosto. In realtà di carne nella cima non c’è n’è molta, per lo meno non spicca sui sapori, siccome è costituita principalmente da verdure, pane grattugiato e formaggio.
Nell’entroterra collinare, dimora oscura di fiabe e castagni dai frutti generosi, crescono i funghi porcini che vengono poi portati a tavola in vieppiù maniere: alla genovese con aglio e basilico, in tegame, o bolliti a lungo nel vino, o diventando un valido contorno trifolato. La Val D’Aveto, in tal senso, si mostra molto generosa. Carro e Sesta Godano approvvigionatori rinomati.

La tavola delle Feste: i piatti della tradizione
Cotechini di maiale e zamponi, ugualmente, mantengono le carte in regola per giocare il tutto e per tutto, alla tavolata di Natale. Sono insaccati di ricorrenza, dai profumi pieni a una grana macinata degna di re, e vanno affidati al vassoio caldi, a fette, accompagnati da purè di patate e una cascata di lenticchie fumanti – le nonne del Levante allungano il sugo con pancetta o guanciale.
Se avete delle granaglie che vi avanzano, ceci e i fagioli bianchi in quantità variabile, meglio se di Bigliolo in Lunigiana o di Pignone in Val di Vara, farro, un mazzetto di rosmarino profumatissimo, mettete a cuocere a lungo, e poi ancora più a lungo – possibilmente su una ingombrante stufa a legna – una vera e propria panacea della tradizione culinaria spezzina. Si cominciava a servirla proprio quando le foglie doravano, in autunno… la mesciua, o mes-ciüa, ha quel gusto che arriva dal passato, di commerci con Genova e pontili stipati dalla merce. Volendo concludere un ipotetico menù a tema, perché non decidere di dare colore col Castagnaccio.

La tavola delle Feste: la cultura della castagna in Liguria
La cultura della castagna, in Liguria e nella limitrofa Lunigiana della Toscana, è alla base dell’alimentazione locale. La farina di castagne è una delle tante specialità acquistabili – e servite, va da sé – da Pontremoli fino a Massa-Carrara. La torta di cui stiamo parlando, morbida e bella spessa, viene realizzata giustappunto con questo ingrediente principe, a cui si aggiungono pinoli, uvetta dall’aroma asprigno, rosmarino, ospite fisso.
Il frutto va lessato lentamente, in abbondante acqua profumata con foglie di alloro. Nelle zone di confine non è raro aggiungere, al posto del rosmarino, una puntina di semi di finocchio.

La tavola delle Feste: la “bollicine” sono protagoniste
Protagoniste indiscusse delle festività natalizie sono da sempre le “bollicine” ossia i vini rifermentati, sia stranieri che “nostrani”. La buona notizia è che il made in Italy, in questo settore di mercato, ha superato i colleghi d’oltralpe già da alcuni anni e regna sovrano nell’export internazionale con vini e spumanti sempre più raffinati e premiati, originati da espressioni di territori e vitigni coltivati e nati dalla passione per la ricerca della sublimazione del prodotto.
Pur considerando i diversi metodi di produzione tra gli champagne ed i nostri spumanti, il solo “Méthode Champenois”, definito anche Classico o Tradizionale, per i primi, e i due metodi “Classico o Tradizionale” e/o “Martinotti” o “Charmat”, per i secondi, è sicuramente prevalso, nella scelta finale della bottiglia, il gusto personale e l’utilità che si vuole ottenere dalla selezione nell’acquisto.
In realtà la tecnica della rifermentazione, seppure in forma embrionale, era nota nel nostro Paese dai tempi dei Romani ed è progredita nel Rinascimento per affinarsi con il trascorrere del tempo e la successiva rivoluzione industriale e tecnologica. Risale infatti al 1850 la nascita del primo spumante italiano ad opera di Carlo Gancia che sperimentò insieme al Conte Augusto di Vistarino il metodo tradizionale sui vitigni piemontesi del moscato bianco. La differenza sostanziale tra i due metodi consiste nella rifermentazione in bottiglia per lo “champenois” o in autoclave per il “Martinotti”. In ogni caso si creano vini spumanti di qualità i cui profumi, aromi, note minerali e di fragranza, dovute ai lieviti usati, si avvantaggiano rispetto ai classici sentori fruttati e floreali tipici dei vitigni utilizzati.
Soffermandoci sulla produzione nazionale è doveroso ricordare che per il metodo Tradizionale si usano vitigni neutri sia a bacca bianca che a bacca nera dal Chardonnay al Pinot Nero, Bianco e Grigio, dal Pinot Meunier al Riesling fino ad ottenere buoni risultati anche con il Verdicchio, il Torbato e l’Inzolla. Per il metodo Martinotti sono scelte invece uve molto aromatiche che vanno dal Moscato Bianco o Giallo, alla Malvasia e al Bracchetto, senza disdegnare la Giera e l’Aleatico nero.

Da segnalare, inoltre, che, mentre nel metodo Classico le versioni più diffuse sono generalmente brut ed extra brut, anche se qualche produttore propone per gli amanti del rito dell’aperitivo delle versioni extra dry o demi sec abbinabile con dolci e portate specifiche, al contrario per gli spumanti Charmat esistono versioni extra dry e brut. Le zone di produzione sono prevalentemente nell’Alta Italia, dalla Franciacorta al Trentino, dall’Oltrepò Pavese all’Alta Langa, non dimenticando il Veneto con la produzione Lessini Durello ed anche la nostra Liguria con gli ultimi brand creati da vitigni di albarola, vermentino e cimixià.
Il nostro Paese ha una varietà di uve che lo rendono tra i più ricchi al mondo nel genere, senza paura di competizione con altri stati, e da cui derivano prodotti con un felice rapporto qualità prezzo che talvolta sorprendono noi stessi consumatori per le loro caratteristiche di tipicità. L’alta versatilità offerta dai vini spumanti metodo classico secchi in funzione della loro spiccata acidità, consente un abbinamento culinario oltre che con l’aperitivo anche con piatti semplici e complessi come le fritture dove riesce a mitigare l’untuosità e la grassezza del cibo, inoltre, la sapidità di questi vini riesce ad armonizzare la tendenza dolce di alcune pietanze dai crostacei ai frutti di mare, dagli affettati ad alcune carni bianche ai formaggi stagionati e a pasta fiorita o lavata. La selezione della bottiglia e del brand giusti rimane comunque sempre personale e pertanto nel nostro ambito non passeremo in rassegna le varie marche ma lasciamo ai lettori la possibilità di essere consigliati dai sommelier dei ristoranti, dai produttori e dai venditori in modo da scoprire tutte le migliori cantine locali e nazionali per trovare il vino che potrà regalare le emozioni e i ricordi migliori.
Non ci resta che augurarti buon lavoro per la tua tavola delle feste.
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