La Settimana Santa della Divina Commedia
La Settimana Santa della Divina Commedia
Uno dei massimi enigmi storici della Divina Commedia è rappresentato dal problema della datazione del Viaggio, cioè della determinazione del giorno preciso in cui Dante immagina di essere uscito dalla «selva oscura».
Con l’istituzione del Dantedì, fissato al 25 di marzo – istituzione peraltro assolutamente meritoria – si è creato un falso convincimento. Il 25 di marzo, infatti, era solo una data convenzionale. L’altra data storica proposta, sempre riferita all’anno 1300, era quella del Venerdì Santo, l’8 di aprile. Il Centro Lunigianese di Studi Danteschi sostiene ormai da un trentennio la soluzione del 4 di aprile.
Intanto sgombriamo ogni dubbio intorno all’anno: che la scena in cui si svolge Divina Commedia sia effettivamente datata al 1300 è dimostrato in modo inconfutabile da due elementi lunigianesi: la profezia astronomica posta a chiusura del Canto VIII del Purgatorio, pronunciata da Corrado Malaspina il Giovane, marchese di Villafranca, e gli Atti della Pace di Castelnuovo. L’argomento è semplice: a Dante viene predetto che non sarebbe tramontata sette volte la costellazione dell’Ariete su quella del Toro (12 aprile di ogni anno) che lui sarebbe stato in Lunigiana (Livio Galanti). Ora, siccome noi possediamo la certezza che Dante fu in Lunigiana nel 1306, in forza del documento storico precisamente datato al 6 di ottobre di quell’anno, andando a ritroso a partire da quell’aprile con il computo del passaggio tra le due costellazioni si arriva per l’appunto all’aprile del 1300.

È interessante come la costellazione dell’Ariete, cui il mese di Aprile è interessato, rappresenti nella tradizione medievale una indicazione del miglior favore astrologico possibile, poiché era credenza che Dio creò il mondo nel prorompere della Primavera. Dunque, sia l’inizio del Poema che l’arrivo in Lunigiana (12 aprile 1306, termine ad quem stabilito da Livio Galanti nel 1965), costituiscono eventi che si affermano avvenuti sotto i migliori auspici: Dante si dice guidato in essi da una buona stella.
Sgombrato definitivamente il campo dalla confusione creata dai sostenitori del 1301, si può ora esprimere un vero e proprio assioma: se davvero la Commedia è il grande poema della Cristianità – e lo è – allora in essa la data della Pasqua – massima delle festività cristiane – deve necessariamente assumere una posizione strutturale.
Ebbene, noi sappiamo che il poema è il racconto di un viaggio attraverso l’Aldilà che si svolge nell’arco di sette giorni, esattamente quanti furono quelli che, per tradizione biblica, sancirono la Creazione del Mondo. Sappiamo pure che la Pasqua nel 1300 cadde con precisione al 10 di aprile. Ora, è chiaro che se facciamo uscire Dante dalla «selva oscura» alla data del 25 marzo (inizio dell’anno nuovo in Firenze secondo il computo ab incarnazione Domini), la Pasqua nella Commedia viene a mancare del tutto: dal 25 marzo al 10 di aprile, infatti, corrono ben più di 7 giorni. Anche se rivolgiamo le nostre attenzioni all’8 di aprile, Venerdì Santo, il risultato non è migliore: la Pasqua la si festeggia, sì, ma in Inferno.
Allora, siccome il punto d’Ariete, cioè l’Equinozio di Primavera, è bene indicato da Dante già nel Proemio, il punto cruciale per la determinazione della Pasqua non può che essere l’annuncio del plenilunio che il poeta fa, puntualmente, in Inf XX 124-127:
Ma vienne omai, che già tiene ‘l confine
d’amendue li emisperi e tocca l’onda
sotto Sobilia, Caino e le spine;
e già iernotte fu la luna tonda.

Si dà il caso, però, che il fenomeno astronomico in quel mese di aprile del 1300 sia caduto con precisione al giorno 5 e che dal 5 al 10 si contano 6 giorni, non 7: come superare l’impasse? La si supera analizzando con attenzione il termine «tondo» alla voce in Enciclopedia Dantesca: “tondo”, in Dante, vuol dire sempre e soltanto ‘approssimativamente circolare’, mai ‘circolare’ o ‘sferico’; “tondo”, per intenderci, è un arancio, non una biglia, non una sfera, e dunque tondi non sono mai né il Sole, né la Luna quando la vediamo piena. Ciò significa che il plenilunio era ormai prossimo, ma non si era ancora verificato al momento dell’uscita di Dante dalla «selva oscura», la quale fuga avvenne, dunque, il giorno prima, il 4, di modo che al settimo giorno, il 10, SS. Pasqua, con la visio Dei posta al termine del poema, si ha il Trionfo dell’Uomo nel giorno dell’anniversario del Trionfo di Dio. E allora tutto torna.
In pratica, la conclusione della Divina Commedia vede le campane della Pasqua di tutto il mondo prodursi a mezzogiorno nel più maestoso dei saluti a Dante, il Campione dell’Umanità, colui che con la sola forza della Poesia ha compiuto il viaggio più grande della Storia!
Un’ultima chicca soltanto. L’indicazione di Malacoda, il diavolo “Duca” di Malebolge, formulata da Dante in Inf XXI 112-114:
Ier, più oltre cinqu’ore che quest’otta,
mille dugento con sessanta sei
anni compié che qui la via fu rotta.
fa riferimento al terremoto che seguì la morte del Cristo sulla croce: 1266 + 34 = 1300, computo ab incarnazione anziché a nativitate Domini. Ebbene, l’indicazione del giorno è palesemente sbagliata, poiché si è detto che il plenilunio non fu l’8 di aprile, Venerdì Santo, ma il 5. Dante sì contraddice? No di certo. Quello «ier» è volutamente ingannatorio e la sarcastica (non casuale) sentenza di frate Catalano nel successivo Inf XXIII (vv. 142-144):
Io udii già dire a Bologna
del diavol vizi assai, tra quali udii
ch’elli è bugiardo e padre di menzogna
non deve essere girata al solo povero Virgilio (anche lui, che non si avvede del segnale fraudolento, fuorviato da Malacoda), ma soprattutto a quella frangia di commentatori che ha creduto di poter considerare probanti le indicazioni di un perfido demonio.
Bibliografia:
Galanti, L. Il soggiorno di Dante in Lunigiana, Pontremoli, Centro Dantesco della Biblioteca Comunale di Mulazzo, 1985.
Manuguerra, M. Divina Commedia: una indicazione astronomica alla base della datazione del Viaggio, in “Astronomica”, anno III, n. 8 maggio/agosto, La Spezia, 1994.
Manuguerra, M. Divina Commedia: in un plenilunio il segreto della datazione del Viaggio, in “Astronomia”, Organo Ufficiale dell’U.A.I. – Unione Astrofili Italiani, n.s., n. 1 gennaio/marzo, Padova, 1997, pp. 5-8.
Manuguerra, M. La fisica di Dante e l’enigma astronomico della datazione del Viaggio nella Divina Commedia, in Atti del XVII Congresso Nazionale di Storia della Fisica e dell’Astronomia, C.N.R. – Commissione di Studio per la Storia della Fisica e dell’Astronomia (Como, Centro Volta – Villa Olmo, 23-24 maggio 1997), Università degli Studi di Milano, 1998, pp. 331-40.
Manuguerra, M. Una soluzione teologico-astronomica coerente per l’enigma della datazione del Viaggio nella Commedia, su “L’Alighieri”, Anno XLIV, n. 21, 2003, pp. 109-114.
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