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La Pasqua, tradizione e gastronomia

 
torta pasqualina sara mulliri

Erika Giorgetti

Sono una giovane imprenditrice che collabora nell’impresa di famiglia Italia Per Voi. Mi occupo della comunicazione social e web dell’azienda, gestisco le nostre pagine social e seguo i profili di alcuni clienti oltre alla redazione degli articoli del nostro magazine.
 

11 Apr, 2022

La Pasqua, tradizione e gastronomia

 

La Santa Pasqua è tra le celebrazioni più sentite a livello religioso, seconda solo al Natale, e riguarda da vicino credenti e non. Scopriamo insieme il perché. Dal punto di vista cattolico, con i quaranta giorni di Quaresima si vuole sottolineare l’importanza della resurrezione di Cristo. Come?
I fedeli ricordano l’espiazione del peccato e inneggiano alla promessa di vita eterna fatta dal Signore. A ruota, seguono la gran parte delle tradizioni gastronomiche che al concetto di ritorno dall’aldilà si legano, ma, considerando l’evento eccezionale, è giusto dire che per i Cattolici in sé per sé, tutto quello che si ritrova in tavola è una celebrazione di e per Gesù soltanto.
L’uovo, che assai spesso, pure lui, ricorre, dolce o salato, è scrigno di vita in qualsiasi mito ed epoca; e poiché Gesù è l’Agnello di Dio, e i suoi accoliti si accostano al concetto di ritorno perenne alla vita, ecco spiegata, di pari passo, la presenza di questo tipo di carne.
In ebraico la Pasqua è chiamata pesah, proprio come l’agnello, e tuttavia, secondo altre credenze, il consumo dell’animale insieme a pecora, montone, capra e capretto, allevati in misura equanime nel seno del Mediterraneo, si deve ai pastori, un mestiere, il loro, comune all’epoca di Cristo. I pastori celebravano l’inizio del nuovo anno nella notte che precedeva la partenza per i pascoli estivi, sacrificando i primi nati del gregge. Agnelli, appunto.
Essi gettarono le basi dalle quali si potesse, approfittando di un rito inizialmente pagano, arrostire l’animale non solo per un semplice pasto, ma affinché divenisse credenza religiosa cattolica.
L’agnello si consuma nei modi più disparati: intero, al fuoco vivo, glassato o coperto da croste di gustosi triti di erbe, oppure conservandone le costolette da impanare e friggere.
Morte sua, i carciofi, ottime le patate condite con una lacrima di olio extravergine e abbondante rosmarino, da abbinare in tegame o al forno (intramontabile l’abbacchio alla romana), oppure, rosolandolo in un gustoso spezzatino (ci si sposta verso i territori toscani).

bistecchine agnello pasqua

La tradizione dell’uovo di Pasqua

Forte rimando della risurrezione di Gesù dal Sepolcro, abbiamo detto essere l’uovo, ma, a seguire, viene subito la colomba… anche quella la vedremo fra poco.
La tradizione del classico uovo pasquale, coperto di cioccolato, sembra piuttosto recente. Coincide, se non per intero, almeno in grande misura al commercio dolciario. Donare uova, anche delle più comuni e rubate alle galline da pollaio, a patto che vengano decorate, è usanza ricondotta al periodo di Marzo e Aprile sin dal Medioevo.
Nei paesi dell’Est Europa prendersi una mattinata, in famiglia o coi bambini, per decorare le uova, è ancora una tradizione fortemente radicata… si notino la ricorrenza balcanica oppure greco-ortodossa dove l’uovo di gallina, cucinato sodo e poi svuotato, da secoli si colora col pigmento rosso, in memoria della Passione di Cristo.
La manifattura dell’uovo di cioccolato, nell’ambito della produzione nostrana, al massimo in Europa ponendoci dei confini, viene affidata per la maggiore alle grandi ditte dolciarie perché i bambini ne vanno pazzi – e i bambini, senza dubbio, spesso divengono la fetta di consumatori prediletta da ditte e industrie del settore.
Pure se da noi si è perso lo spirito, in alcuni paesi come Francia e Germania permane la tradizione di organizzare una vera e propria caccia al tesoro: le uova, ovviamente, saranno di dimensioni ridotte, buone per le manine dei più piccine e i loro cesti.
L’arte dolciaria partenopea accoglie l’uovo prevalentemente nel XX secolo, grazie alla maestranza di pasticcerie torinesi e austriache, arricchendo il prodotto, per renderlo accattivante, unico e desiderabile, con un piccolo dono all’interno.
Sono in tanti a sostenere che l’invenzione dell’uovo di cioccolato sia da imputare a Luigi XIV di Francia, meglio conosciuto come Re Sole, eppure, con dati alla mano, oggi sappiamo per certo che il primo grande commerciante di questa delicatezza pasquale fu Cadbury, fondatore dell’omonimo marchio inglese, nel 1875. Arriviamo al 1905, vede la luce il Cadbury’s Dairy Milk, il primissimo uovo di cioccolato al latte, gradito dai giovani, divenuto una istituzione per i grandi.

pasqua coniglio cioccolata

La colomba e il coniglio, altri due simboli pasquali

Inutile dire che, ancora permeati di quella simbologia cara al Cristianesimo, di vita, ritorno alla stessa e ciclica risurrezione, ci sono due animali puri ed innocenti: benvenuti alla colomba, e al coniglio.
Se il secondo rimane testimonianza dei riti pre-cristiani sulla fertilità, che vedevano nel coniglio e nella lepre, in quanto animali assai prolifici, gli indicatori del rinnovamento ed egualmente dell’inizio della stagione primaverile, alla colomba va aggiunto anche un pizzico di speranza – ricordiamoci di una certa arca.
Perciò, dove troviamo speranza e rinascita, non può che arrivare anche la lietezza di una festa lunga una attesa per il Messia.
Si narra che, per quanto riguarda la colomba, ci sia lo zampino dei Longobardi. Il re Alboino, durante l’assedio perpetrato ai danni della città di Pavia, ricevette in dono, dai locali, proprio un pane, dolce, a forma di colomba.Non solo stava a suggerire il periodo di pace che sarebbe venuto, ma si era anche in odore di Pasqua.
Altri pensano a San Colombano come primissimo artefice della colomba, celebre monaco irlandese i cui monasteri costellano mezza Europa e sul quale girano le voci di vieppiù accadimenti strani e miracoli. Uno su tutti ci viene in mente: essendo Columba un uomo di fede, a un banchetto sontuoso organizzato presso la corte di Teodolinda, imponendo le mani, il nostro riuscì ad astenersi dal mangiare la selvaggina – compresa la carne di penna – e questo dal momento che le portate di tale fatta divennero… colombe di pane dolce!
L’unica certezza che diamo per assodata, però, sulle origini del dolce a forma di colomba, si devono al genio di Dino Villani, pubblicitario reclutato dalla nota azienda milanese, Motta: Dino considerò di riutilizzate lo stesso impasto dei panettoni, e di rivestirlo con glassa all’amaretto e mandorle.
L’idea fu (siamo negli anni Trenta) di rendere più produttivo un business stagionale che altrimenti non avrebbe reso abbastanza.
A seguito della Motta, ecco Vergani, altra azienda milanese che nel primo dopoguerra prese in carico la diffusione della soffice, vaporosa, inimitabile colomba pasquale.

colomba pasqua

La Pasqua made in Liguria

Ultimo, ma non meno importante, membro ad honorem della Pasqua made in Liguria è un morbido dolce tipico di Brugnato, tradizione e antiche maestranze incluse.
In provincia di La Spezia, sono tantissime le cucine di zona dove fervono i preparativi per il cavagnetto, questo il suo nome.
A chiedere loro la ricetta, ai brugnatesi, risponderebbero che è segretissima, quindi da considerarsi gelosamente custodita… al massimo, i gentili signori possono darti un passaggio per l’annuale pellegrinaggio che cade il Lunedì dell’Angelo, seguito dal pic-nic sugli appezzamenti davanti la Madonna dell’Olivo. Il santuario lo troviamo subito alle spalle della cittadina.
Con la possibilità di scambiarsi i più sentiti auguri pasquali, da queste parti, è allora una grossa ciambella zuccherata a farla da padrona, la cui forma rimanda al “cavagnetto”, parola gergale per piccolo cestino. Viene dotato, addirittura, di manico. Al centro, ricordando il primo, intramontabile simbolo di Pasqua, si può incastonare un ovetto sodo.

dasso pansoti

Tradizioni pasquali liguri: connubio tra mare e collina

Aria di vacanze pasquali, e sentiamo parlare di certe pietanze intramontabili, da noi in Liguria, fatte per venire consumate durante queste festività. Essendo la costa della Liguria di Levante aguzza e frastagliata, con un peculiare paesaggio a gradoni, e quella di Ponente non così diversa, ad eccezione dei fiori e di una rara collezione di spiagge sabbiose, la gastronomia si è specializzata in pesce e primizie dell’orto, ottenute dal duro lavoro nei declivi delle campagne.
Maggiorana, timo, alloro, salvia e rosmarino, vengono detti “odori”, o “profumi”, e guarniscono numerose portate della tradizione, povera, rustica, casereccia, ma anche più elaborata nelle occasioni di festa.
Cipolle, patate e pomodori cuore di bue, zucchine e fiori di zucca li trovate al posto di sempre, sotto Pasqua, e in grande quantità. Così come la focaccia, meglio se prodotta a Recco, gonfia e calda di “prescinseua”, tentazione immancabile di ogni degustazione.
Emblema di un connubio tra mare e collina quando si avvicina il giorno di Pasqua, come non citare la “torta pasqualina”; trdizione vuole che a comporla siano trentatré sfoglie, quanto gli anni di Cristo, e, di norma, dal momento che la primavera ormai è arrivata, andrebbe preparata con tutto ciò che inneggia al ritorno in vita dei campi, delle aie: assolutamente indispensabili uova, formaggio cagliato o equivalente – la “prescinseua” di cui gronda la focaccia si sposa alla perfezione –, bietole e maggiorana (eccola tornare), carciofi, cipollotti o piselli, a scelta, e per concludere abbondante parmigiano. Si inforna e si gusta in compagnia, anche fredda.

cappon magro tumelin pasqua

Tradizioni pasquali liguri: i piatti “poveri”

L’arco di zone collinari che, nello spezzino, va da Tramonti-Campiglia a Deiva Marina, sfiorando Levanto, o anche il centro della Spezia, sono pieni di locali dove mangiare alla buona, spendendo poco ma abbondantemente, magari con un piatto di tagliatelle lavorate come un tempo o col baccalà fritto stile fish&chips.
La pasta, nel Levante, occorre ordinarla fresca, da condire col pesto o col sugo di noci.
La fricassea è un altro piatto pasquale, e l’ingrediente principale resta, perché in Liguria si è poveri di carni d’allevamento, soprattutto l’agnello, ma anche il pollo o il coniglio risultano, a loro modo, soddisfacenti.
A quello che la padella soffrigge, va aggiunta una manciata di carciofi. Il cosciotto di agnello esige, se scegliamo un contorno ideale, le patate lesse, o alla brace. Festeggiate con uno spezzino, e vi obbligherà a mangiare la carne, rigorosamente, comperata dai pascoli di Zeri.
Ultimamente, un nuovo menù “light” ha fatto capolino in tavola, risparmiando qualche mattanza di troppo: prendono forma le presentazioni crudiste, o su letti di taglieri occupati da fave fresche e formaggi tofu, piovono scodelle di mesciua o zemini a base di ceci.
Grande rilievo ha poi sua eccellenza il Cappon Magro: piatto unico, una via di mezzo tra antipasto e secondo, guarnito da o su base di gallette, che unisce pesce e verdure.Acciughe o alici, uova sode, sott’oli e salsa verde si alternano e sono pronti a farsi “acchiappare”.
Niente a che vedere con il pollo grassottello, il Cappon Magro nasceva piuttosto alla stregua di un piatto umile, consumato dalla servitù dopo che erano tornati indietro gli avanzi dei nobili. La parola, dicono alcuni, conserva radici in comune con il termine francese “chapon”, speciale fetta di pane tostata.
Le vie di mezzo, quando serve accontentare una vasta categoria di commensali, le si trovano facilmente. Ravioli di magro o cappelletti – freschi, ricordate! – in brodo, lattughe ripiene, in brodo pure quelle, la carne, generalmente, si preferisce magra, vitellone o, osando, prosciutto, ottimo se è disossato, o di spalla.
Pasquetta, tra Deiva e Moneglia, equivale ad andare a vedere la mostra-mercato dell’olio d’oliva, cui vanno associati i tradizionali accompagnamenti di cibo locale e buon vino bianco, doveroso l’impiego di uve Vermentine.
La Spezia festeggia acquistando manicaretti e prodotti della pasticceria artigianale. Verso Sestri Levante e, da lì in poi, il folclore pasquale non abbandona la consuetudine, e dunque Pasqua come su un vascello, regalandoci faraoniche spaghettate e secondi piatti che sono fritture d’autore.

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