La Lunigiana e il mito di Boron
La Lunigiana e il mito di Boron
Una delle maggiori fonti letterarie dell’antichità classica lunigianese è da considerarsi la Cartografia. In effetti, la nostra regione fu nell’antichità un crocevia di importanza strategica e le testimonianze portate dalle carte geografiche e stradali, sia romane che medievali, costituiscono materia, anche in senso strettamente letterario, per analisi preziosissime.
È indispensabile sottolineare, innanzitutto, che il fiume Magra sul Tirreno e il Rubicone sull’Adriatico segnavano per i romani i limiti del territorio considerato alla pari di Roma, sicché nessun magistrato poteva varcare tale confine a capo di un esercito in armi senza l’autorizzazione preventiva del Senato. In altre parole, il Magra e il Rubicone segnavano il limiti del “pomerio” nazionale, ovvero il confine sacro, perciò inviolabile, della Città Eterna verso Nord ed era quello il termine ultimo profanato il quale si poteva ancora organizzare un’efficace difesa dell’Urbe. Certo è che se Cesare si fosse trovato sulla Magra, invece che sulla costiera adriatica, quando trasse idealmente il famoso dado, la fama che sarebbe derivata per la Lunigiana sarebbe stata incalcolabile, ma purtroppo non fu così. In ogni caso, il Portus Lunae ebbe grande fortuna per la sua posizione particolarmente privilegiata sul Mar Tirreno e per una città che faceva da fulcro agli assi viari importantissimi che si incrociavano sul vasto territorio dell’ager. Non a caso i Longobardi avrebbero in seguito indicato la Lunigiana con l’appellativo di tusciam ingressus, ‘Porta di Toscana’ (P. DIACONO, Historia Longobardorum, V 27) e con il medesimo appellativo sarà indicata più tardi dallo stupor mundi, l’imperatore Federico II.

La stazione di Boron sulla Tabula Peutingeriana
Sappiamo che a Luni giungeva da Sud l’Aemilia-Scauri, arteria stradale di cui Strabone dice che fu voluta dal censore romano M. Emilio Scauro nel 109 a.C. – essendo ormai cessata da decenni la resistenza dei Liguri – quale prosecuzione di un’Aurelia interrotta all’altezza della maremma pisana (STRABONE, Geographia Universalis, V 1, 11); da lì la consolare conduceva fino all’antichissima Boaceas, sito che, già indicato nientemeno che da Claudio Tolomeo (Geographia, III I, 5) e presente anche nell’Itinerarium Antonini (notevole carta stradale di epoca tardo imperiale), viene generalmente identificato nell’odierna Ceparana, non a caso sede di un fiorente mercato medievale. Qui, se si segue l’indicazione della Tabula Peutingeriana (la più antica testimonianza della viabilità dell’Impero Romano a noi pervenuta), la strada proseguiva poi verso la mitica stazione di Boron, segnata in prossimità del Golfo della Spezia, e quindi si interrompeva lanciata alla volta del genovesato attraverso la Val di Vara In Alpe Pennino. Questo itinerario, che avrebbe suggerito in seguito il percorso della Via Aurelia Imperiale (II sec. d.C.) – in uso fino al 1822, anno in cui fu sostituita dall’attuale “Napoleonica” (oggi Strada Statale n. 1 dell’Aurelia) – sarebbe stato realizzato in parallelo e/o in sovrapposizione alla «mitica Littoranea, o “Via dei Liguri” o “Herculea“, segnalata ancora da Strabone […] come strada già antichissima, che dall’Etruria andava nella penisola Iberica» (U. FORMENTINI, Le due “Viae Aemiliae”, in «Rivista di Studi Liguri», XIX/1-4 (1953) e che si suppone riorganizzata nel 155 a.C. dopo la definitiva vittoria sui Liguri ad opera del console M. Claudio Marcello.
In realtà, confrontando la testimonianza di Strabone con l’intera cartografia alla luce di un passo di Cicerone (106-43 a.C.), è emerso che l’Aemilia Scauri è individuabile nella via Luni-Parma indicata dall’Itinerarium Antonini (U. FORMENTINI, Le due “Viae Aemiliae”, in «Rivista di Studi Liguri», XIX/1-4 (1953), cioè in quella “Parme-Laca” (una Parma-Lucca passante per Luni) che in età longobarda avrebbe assunto la denominazione di “via di Monte Bardone” e che verso l’anno Mille sarebbe divenuta la principale soluzione lunigianese della Strada per eccellenza: la Via Francigena, altrimenti indicata come “Francesca” o “Romea”.

Fino qui tutto bene. Ma dov’era Boron?
Ebbene, ripreso anche dalla cartografia bizantina dell’Anonimo Ravennate, il toponimo Boron non ha assolutamente nulla a che vedere con il Golfo della Spezia, né, in particolare, con la Pieve di San Venerio, come da alcuni supposto. La soluzione al problema l’ha fornita in modo brillante negli anni ’70 un libero ricercatore massese, Ferruccio Egori, che trovò l’appoggio, immediato, del solo Ennio Silvestri (anch’egli, non a caso, un libero studioso, ma scopritore della Necropoli di Ameglia): un’idea geniale caduta nell’oblio consueto. Boron è il monte a est di Nizza (Mont Boron) a cui conduceva direttamente il tracciato antichissimo della Herculea. Ecco ciò che si legge, precisamente, sulla Tabula Peutingeriana:
«In Alpe Pennino u. Boron».
Ordunque, Egori interpretò l‘abbreviazione “u.” come il latino ‘usque’, per cui lesse: «‘da lì’ (“In”) – ovvero dall’entroterra del Golfo della Spezia – si prende la via appenninica (Alpe Pennino) che porta ‘fino a’ Boron. In pratica, l’antico tracciato della Via Herculea era risolto sulla carta geografica in forma poco più che verbale: se ne accennava semplicemente la direzione e si precisava il percorso con la formula sopra descritta.

L’Alta Via dei Monti Liguri
Dante indica quel medesimo cammino con il celebre passo «Tra Lerice e Turbìa» (Pur III 49), dove La Turbie è senza ombra di dubbio la località della Costa Azzurra posta vicino al confine italiano, non lontana, dunque, dalle citate alture di Nizza. Lo stilema dantesco (e parliamo di due secoli prima della scoperta della Tabula Peutingeriana) vale dunque ad evidenziare come, ancora agli albori del XIV secolo, la definizione geografica dell’arco ligure era quella, intatta, della cartografia romano-imperiale di oltre un millennio prima. Non solo: anche il Petrarca, nel suo velato procedere sulle orme di Dante, si premura di indicare il medesimo tracciato (Familiarium rerum libri, XVII 4, 5):
«a Corvo scilicet usque ad Portum herculeo, ut quondam putant, nomine consecratum».
Qui, rispetto alla lezione dantesca – tesa a focalizzare l’attenzione sul Trofeo delle Alpi, il mausoleo voluto da Cesare Augusto a celebrazione della pacificazione avvenuta delle Gallie –, la città di Lerici è sostituita dal promontorio di Monte Caprione con l’indicazione del suo Capo Corvo, e al posto della roccia di La Turbie, troviamo l’attuale città del Principato di Monaco nella denominazione, estremamente significativa, di “Portum herculeo”.
Possiamo, quindi, affermare, con ragionevole sicurezza, che la Peutingeriana indica da sempre quel percorso di crinale appenninico che già citava Strabone e che noi oggi diciamo della “Alta Via dei Monti Liguri”, la quale principia (e non poteva essere diversamente) proprio da quella Ceparana che fu l’antichissima Boaceas di Claudio Tolomeo! Molto probabilmente, in quello stesso luogo la Via Aemilia Scauri abbandonava il tracciato di quella che sarebbe divenuta l’Aurelia Imperiale per prendere la via dell’Alta Val di Magra alla volta dei valichi tosco-emiliani.
È proposta recente di Bruno De Francesco di erigere a Ceparana un Monumento all’Alta Via dei Monti Liguri da posare proprio all’inizio del percorso. L’idea è stata lanciata attraverso il Centro Lunigianese di Studi Danteschi e subito avvallata dalle maggiori associazioni culturali lunigianesi: Accademia ‘Capellini’, La spezia; Associazione ‘Manfredo Giuliani’, Villafranca in Lunigiana; Centro Studi ‘Niccolò V’, Sarzana; Associazione ‘Amici di San Caprasio’, Aulla; Associazione ‘Apua Mater’, Massa, e una importante realtà della stessa Val di Vara: l’Associazione MangiaTrekking, organizzatrice dell’evento culturale a Mangia il 19 Settembre 2021 nel corso del quale la proposta è stata lanciata.
[da M. MANUGUERRA, I Fondamenti della Letteratura Lunigianese: dalla ‘Pax Romana’ alla ‘Pax Dantis’, in *Storia della Letteratura Lunigianese, a c. di G. Bilotti, Edizioni Memoranda, La Spezia, 2017, I vol., pp. 39-233]
Bibliografia
F. EGORI, L’equivoco di Boron, su «Le Apuane», III (5), 1983, pp. 57-64.
E. SILVESTRI, Ameglia nella storia della Lunigiana, III ed. postuma, Ameglia, 1991 (I ed. 1963).
A. C. AMBROSI, Sulla via dei pellegrini in Lunigiana e sul Porto di S. Maurizio, in *Il pellegrinaggio medievale per Roma e Santiago de Compostela – Itinerari di Val di Magra, su «Quaderni della Biblioteca e degli Archivi Storico e Notarile del Comune di Aulla», IX, Sarzana, 1992, pp. 33-67.
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