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Cibi poveri, ne abbiamo? L’esempio per eccellenza dello “street food” genuino e sempre attuale, rintracciabile in quasi tutte le regioni italiane,  è la focaccia con le sue mille declinazioni.

La storia:

Maneggevole, forse antenata del pane perché non sempre necessita della lievitazione, nasce dal latino “focus”, e l’etimologia  corrisponde all’idea di un prodotto morbido, simile sì, ai prodotti della panificazione, ma bensì più ricco per via dei grassi, dell’olio o dello strutto, utilizzato in fase di impasto. Le origini, e così il presente, di questa specialità, non sembrano essersi allontanate troppo dal prodotto originale delle  civiltà del Mediterraneo: farine di grano, orzo,  segale o miglio, cotte in forni rudimentali, pare siano state consumate, assieme ad ingredienti ugualmente semplici, già da Fenici, Cartaginesi e Greci. In epoca romana, le focacce erano date in voto, destinate alle divinità, mentre durante i banchetti del Rinascimento, comparivano sulle  tavole nuziali, consumate prima e dopo un buon bicchiere di vino. Come cibo di strada, la focaccia era la preferita di viaggiatori e pescatori già nell’Ottocento.

In Liguria:

Il primato, malgrado si contino decine e decine di ricette accettate dal DOP nell’italico suolo, lo detiene la Liguria. Liguria che vanta un numero di tipologie tali – poche, ad onor del vero, ma buone – da affermarsi in ogni ambito del panorama gastronomico mondiale. Alimento fondamentale per il ligure, e, nonostante la grande produzione, sconosciuto come uno e trino ai “foresti”, trascende gli orari consueti di pranzo e cena e appare come manifestazione gradita a colazione, tuffata nel cappuccino, a merenda, con un po’ di acciuga e due olivette, o diventando un valido spezza-fame.

Le focacce:

Per chi è cresciuto tra la Versilia e il confine francese, ogni occasione si trasforma in quella giusta e pronti, a gustare la “focacciuta” morbidezza di un simbolo, un’icona, della quale, intorno al IV secolo, i parroci genovesi proibirono il consumo… niente focaccia alla presenza di riti funebri, chiudevano un occhio solo per i matrimoni: la dipendenza pareva non avere fine, il rumore di gente che si abbuffava nemmeno, per quanto la focaccia venisse offerta dagli sposi, agli invitati, in segno di ringraziamento. Le due tipologie classiche, della Liguria, possiamo dividerle tra la produzione prettamente genovese e quella di Recco.

La prima non si presenta mai più alta di due dita, lucida di extravergine d’oliva, acqua e sale grosso, bucherellata, croccante  fuori e morbida all’interno.

La seconda, che avrete capito è la Focaccia di Recco unica e inimitabile, cambia le carte in tavola e viene sfornata con una sfoglia sottilissima, ripiena di formaggio fresco (i locali usano la “prescinseua”).

Velleità e cambiamenti si rifanno ai tempi delle invasioni saracene, quando la popolazione di Recco fu obbligata a nascondersi nel fitto entroterra, cui farina di semola, olio delle colline e formaggio potevano conformarsi abbastanza da dare sostentamento ai fuggitivi. Le focacce del Ponente Ligure, dunque, piuttosto delle varianti comunque made in Italy – si pensi, per esempio, alla focaccia barese, che nasce su stampo del tradizionale pane di grano duro e va proposta macchiata di pomodoro, o alla schiacciata toscana bassa e friabile –, mantengono una componente light.

Lifestyle:

Componente che, tuttavia, volentieri saltiamo: se vi trovate in certe zone del savonese, vedrete che i panettieri aggiungono sottilissimi pezzi di cipolla cruda, altrove si spolvera col rosmarino, si gonfia di patate lesse o pomodorini secchi. Difficile, a meno che non ci si attrezzi per conto proprio, chiederla “imbottita”. Allo scoccare dell’aperitivo, bar ed esercenti servono la “fugassa” tradizionalmente accompagnata con un calice di vino bianco, magari un Vermentino del Golfo del Tigullio: la focaccia diviene così  un’icona del lifestyle. Anzi, regina  dello slow food, ora come un tempo quotata ma mai dimentica dei propri natali, alimento un tempo indispensabile per i  liguri più poveri.
Note a margine, sul finire: il marchio, poiché di un prodotto da proteggere, del brand alimentare è sotto la disciplina del  “Consorzio di Tutela dell’autentica Focaccia Genovese”.

Di Samira Giorgetti

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