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Il Menù della Vigilia

Qualche idea sul Menù della vigilia di Natale? E che dire, con la sera di Capodanno ormai alle porte?

Il momento di sedersi a tavola incalza, abbiamo sistemato tutto, dai piatti ai bicchieri, aspettano solo le delizie preparate, mettendoci la massima cura, dalle mani sapienti di mamme, nonne e massaie di vecchia data.

Dal Nord al Sud, ma in realtà se ne sente parlare molto anche nel Nord Europa, è buona regola, la cena del 24 dicembre, prepararsi con largo anticipo… perché il pesce, seguito da verdure di stagione, tortellini in brodo e frutta secca, non accetta compromessi, o quasi. Protagonista indiscusso in antipasti caldi e freddi, primi piatti e stuzzicherie al forno, rientra tra gli alimenti più completi (e, nel Levante, è una garanzia) se restiamo tra le fila della nostra dieta mediterranea. Ideale perché con grassi polinsaturi, e dunque magro, esiste un motivo se il pesce si presta a venire celebrato anno dopo anno; a suo tempo, la carne costituiva un lusso per pochi, ed inoltre, in segno di rispetto per il Cristo, questa “cena di magro” era oltremodo d’obbligo. L’antico precetto di non mangiare carne è diventato, di conseguenza, una sana e, pensa un po’, costosa abitudine in epoca moderna.

Al primo dei due cenoni, quello dedicato alla Vigilia, ma che può benissimo diventare pranzo lauto e ben rinforzato, aspettiamoci di trovare almeno una minestra o qualche guazzetto, o un piatto che renda onore al mare a Voi più prossimo; qualità azzurra, alici e branzini, per le regioni a Settentrione, il capitone e l’anguilla fritta equamente distribuiti fra Lazio e Campania, in diretta dal Centro Italia, fritti misti a volontà nel profondo e fedelissimo (alla tradizione) Meridione. Da dove proveniate, comunque, non ha davvero importanza: ci siamo portati avanti coi compiti a casa e, come risultato, ecco qualche piccola dispensa sui tortellini in brodo da eseguire – e impiattare – ad hoc, e il modo migliore di presentarsi con una leccornia alternativa, quando al pesce non si può proprio rinunciare, mantenendo aspetto e valori nutritivi. Eh già, perché il pesce si fa addirittura… vegano.

Dal web, arriva il suggerimento per le ritardatarie; una sfiziosa insalata di finocchi, arance e seppie, materiali che non mancheranno nel reparto frigo – anche se vi consigliamo di acquistare le seppie in pescheria, per un risultato ottimale.

Vanno prima lessate e poi rosolate sulla griglia, finocchi e arance si aggiungono in purezza, al massimo insaporiti per mezzo di una punta di lime, sale, pepe ed olio extravergine a piacere. Lo stesso piatto si trasforma e finisce rielaborato per essere menù vegano all’avanguardia, la consistenza delicata della seppia va riprodotta mediante un impasto ottenuto con soia in grani, patate novelle, aglio e una manciata di carote, basilico fresco per dare colore e insaporire.

Il menù della vigilia tavola

Quando si tratta di tonno, o pesce dalla consistenza carnosa, la politica vegan ha accumulato un vasto repertorio da cui attingere, per rimpiazzarlo. Pane integrale e condimenti freschi, ovviamente. Per creare il tonno dal niente, vi servirà del seitan, l’equivalente in ceci lessati, metà composto di yogurt di soia, una manciata di capperi sott’aceto e un cucchiaino di tahin, si aggiunge senape e limone. Per la salsa tonnata da spalmare, fatevi sotto con ceci, ancora succo di limone e capperi sottaceto, senape dolce e  maionese vegetale.

Possiamo rivisitare la ricetta di spaghetti con vongole o telline, nulla togliendoci del piacere di una forchettata sapida e nutriente, cercando nei negozi specializzati l’alga della varietà wakame e quella kombu. Fagioli dell’occhio bolliti, pomodorini freschi, un paio di spicchi d’aglio in camicia, olio extravergine e dell’ottimo vino bianco. I fagioli andranno direttamente cucinati in sostituzione delle vongole, scaldati e leggermente stufati dentro una padella capiente, aggiungiamoci aglio e olio, le alghe, precedentemente lasciate in ammollo nella loro acqua, si uniranno al composto. Di questa acqua, tenetene da parte mezzo bicchiere, e unendovi l’equivalente in vino bianco, a fiamma viva sfumate e asciugate. La preparazione finale della ricetta segue come da consuetudine, con l’acqua delle alghe, rimasta, da aggiungere a discrezione. I pomodorini aggiunti pochi minuti prima di servire, e se volete, sale pepe e prezzemolo fresco per la fase di impiattamento.

Di pesce o di carne, al sugo o in brodo, ravioli e tortellini sono l’altra faccia, immutabile, della cucina italiana. Pietanza, lo abbiamo visto, d’un eccellenza antica, la pasta ripiena ed in brodo è un must, caposaldo se stiamo per accogliere la stagione invernale. I ravioli in particolare, se così serviti, risalgono ancora alla Repubblica di Genova, mentre, se ci fermiamo ai soli tortellini, la gastronomia ligure incontra l’esperienza dell’Emilia. Quella di Castelfranco, per la precisione, dove si dice siano nati. Il segreto di entrambi, cantato da sedicenti sponsor pubblicitari, non sta però solo nella pasta, ma anche nel brodo; mai cuocerli in semplice acqua. Quando siete dietro al soffritto per il fondamentale brodo, occhio alle percentuali: siccome il sedano ha un sapore molto forte, nel trito di carote e cipolle che andrete a mettere via, lasciate che non copra un intero terzo della base, in sostanza, non abusatene. La carne da impiegare, se credete a principi a reami del passato, su tutte la si ricava dal cappone; la controfigura se la guadagna una bella gallinella ruspante, e se proprio non riuscite a infilare nel freezer l’uno o l’altra, datevi al biancostato o, al massimo, alla sottospalla di manzo. L’impasto, a cui è buona regola aggiungere, qualsiasi sia la reinterpretazione, noce moscata, borragine e la fondamentale mollica di pane, non deve sfaldarsi, ma rimanere compatto e uniforme. La carne, rigorosamente di magro, predilige il vitello, i puristi riciclano persino le animelle. Questo, se non altro, nei ravioli. I tortellini vogliono il prosciutto di Parma e la mortadella.

di Erika Giorgetti

 

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